sabato 29 marzo 2014

ANTIPSICHIATRIA 34

DAL DOCUMENTARIO DI SERGIO ZAVOLI "I GIARDINI DI ABELE"

 http://www.youtube.com/watch?v=iFxOtNmHFlw

http://www.youtube.com/watch?v=jpBYT95WHck

E adesso dopo la legge 180  sono nate le varie Comunità Protette sparse in tutta Italia per "controllare" il malato o "matto", il cosiddetto rifiuto della società, il pericolo pubblico. Il nome degli istituti cambia, non sono più considerati ospedali ma la storia (e soprattutto le tecniche e le terapie) e ancora quella vecchia, letti di contenzione dove vengono legati i malati più irrequieti, in alcune comunità psichiatriche c'è ancora l'elettroshock per ""curare"" (che parolone) il "matto", il disagiato rimbecillendolo o azzerandogli la mente. La lotta contro lo 'stigma' sociale etichettato dagli psichiatri ai ""malati di mente"" è ancora durissima e ardua ma prima o poi verrà cancellato anche questa ingiustizia, magari tra tantissimi anni, ma verrà cancellata come sono stati abbattuti i vecchi ospedali psichiatrici (per far posto a quelli nuovi ovviamente). Il malato di mente come viene considerato dagli psichiatri non viene considerato guarito ma reintegrato questo la deve vedere lunga sui metodi di """terapia""" imposti fdagli psichiatri. Sei "sano" solo se sei integrato nel tessuto sociale. Seguire i suoi sistemi, i suoi tanti schemi chi devia e considerato "strano" o malato mentale e così emarginato dalla società e spessissime volte rinchiuso in istituti come le comunità protette psichiatriche o costretto a frequentare centri psichiatrici diurni a volte a vita natural durante. Insomma se vai contro il sistema sei "matto" e considerato pericoloso per la società soprattutto se sei povero o considerato indifeso e fragile. Per questa società DEVI ESSERE sicuro di te, strafottente e menefreghista e soprattutto prendertela con il più debole. E questo è il lavoro degli psichiatri, renderti innocuo e servile con i padroni e i datori di lavoro. Questo è il metodo per essere integrato appieno nel tessuto sociale. PER ESSERE INTEGRATO.

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