lunedì 4 agosto 2008

2 AGOSTO 1980


LA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA


Il Sabato del 2 Agosto del 1980 una bomba esplose nella sala d'aspetto della stazione causando la morte di 85 persone e il ferimento di altre 200, la bomba che esplose investì anche il treno Ancona-Chiasso che stava passando in quel momento.
Il 26 Agosto furono mandati degli ordini di cattura a ventotto presunti operatori della strage(tutti appartenenti all'estrema destra), alcuni di essi vennero interrogati dalla polizia e scarcerati nel 1981.
Fu uno degli episodi di attentato terroristico più agghiaccianti della storia italiana.
La responsabilità dell'attentato fu additata al gruppo di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari e alla matrice nera dell'attentato, le indagini però furono depistate dalla polizia.
Nel 1995 grazie alla spinta dell'Associazione dei Familiari delle Vittime della Stazione di Bologna ci furono i primi arresti agli attentatori della strage, tutti appartenenti ai NAR, Il 9 Giugno del 2000 furono arrestati anche coloro che depistarono le indagini, ci sono anche altri operatori della strage che non sono stati ancora scoperti.
Tra le persone arrestate ci furono, oltre a estremisti di destra appartenenti ai NAR anche agenti di polizia e dei servizi segreti.
PER RENDERE VIVA LA MEMORIA DI QUESTO RACCAPRICCIANTE E ORRIBILE ATTENTATO CHE COSTO' LA VITA A 85 INNOCENTI!
PER RENDERE VIVA LA MEMORIA!

5 commenti:

  1. credo che le mani in pasta l'avessero in tanti-paesi-, eppoi la matrice è chiara...antidemocratica! Cari saluti.

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  2. Abbondano le imprecisioni:
    ad agosto furono emessi oltre 40 mandati di cattura verso militanti di destra, furono TUTTI scarcerati qualche mese dopo.
    I pedistaggi furono attuati dal Sismi e dalla P2.
    Perchè non dici chi sono i testimoni che hanno portato all'incriminazione di Fioravanti, Mambro e Ciavardini?
    Forse perchè non lo sai, allora te lo dico io.
    Massimo Sparti era un delinquente appartenente alla Banda della Magliana, disse che il 4 agosto Fioravanti e la Mambro si erano recati da lui per chiedere dei documenti falsi. La famiglia di Sparti ha sempre smentito: loro il 4 agosto erano in vacanza e non a Roma come diceva il testimone.
    Chi era l'unico che poteva confermare l'alibi dei due NAR? Luigi Ciavardini. Allora un giorno un'altra detenuta dice di aver sentito dire che a piazzare la bomba sono stati due ragazzini di Terza Posizione, allora Angelo Izzo, il famosissimo mostro del Circeo dice: "se c'erano quei 2 c'era anche Ciavardini". Un po' poco per incriminare una persona, ma i ragionamenti di uno squilibrato sono abbastanza affidabili per la Magistratura. La cosa bella però è che i due ragazzini vengono scagionati da un video: loro il giorno della strage erano in umbria a giocare una partita di rugby e ci sono viedo della Rai che lo dimostrano. Loro due, uno dei quali morto nell'ottobre del 1980 massacrato dalla polizia, vengono scagionati, ciavardini no. Ecco su quali prove e testimonianze si basa il processo. Non c'è altra prova.

    Ma che fine hanno fatto Sparti e Izzo?
    Sparti, subito dopo le sue testimonianze, siamo a metà degli anno '80, esce di carcere per un tumore al pancreas allo stato terminale peccato però che in realtà vivrà esattamente altri 20 anni. In punto di morte, riferisce il figlio Stefano, il supertestimone del processo di Bologna ha dichiarato: sono stato costretto a mentire sulla strage (forse sempre per ordine dei servizi?), in carcere mi passavano delle anfetamine per simulare il dimagrimento da tumore e la tac col tumore al pancreas non era la mia. La storia della TAC è misteriosa, per anni se chiedevate all'ospedale carcerario dove Sparti è stato visitato vi dicevano che la lastra era andata bruciata in un incendio e quindi non esisteva più (che strano!), fino a quando nella trasmissione La Storia Siamo Noi, il giornalista, di sinistra, Giovanni Minoli non ha tirato fuori la famosa lastra per mostrare che il nome riportato sopra non era quello di massimo sparti! Trovate il video della trasmissione su youtube.
    E Izzo?
    Izzo, grazie alla sua congettura che ha permesso di incriminare Ciavardini, è uscito dal carcere e ha trovato il modo di stuprare e uccidere altre 2 donne qualche anno fa.

    Allora, vogliamo ancora sottostare al volere di questo Stato assassino che ci vuole l'un contro l'altro armati?

    www.noipochi.splinder.com

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  3. STRAGE DI BOLOGNA: IL DEPISTAGGIO PALESTINESE
    di Germano Monti *

    Per una Destra che non vuole solo governare, ma procedere ad una profonda ristrutturazione dell’assetto istituzionale del Paese, ripulire l’album di famiglia dalle immagini più imbarazzanti è una necessità. In altre parole, voler riscrivere la Costituzione repubblicana e antifascista richiede, ineluttabilmente, la riscrittura della propria storia politica… naturalmente, se si è o si è stati fascisti.
    Lo stragismo rappresenta sicuramente la pagina più nera della storia italiana contemporanea, con il suo intreccio perverso fra manovalanza fascista, apparati – più o meno occulti - dello Stato e interferenze atlantiche. Fra tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia, quella alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 è stata la più feroce, ed anche l’unica in cui è stata raggiunta una verità giudiziaria, con la condanna definitiva dei fascisti Ciavardini, Fioravanti e Mambro.
    La verità giudiziaria non coincide sempre e comunque con la realtà effettuale, e l’esercizio della critica anche nei confronti delle sentenze della magistratura è assolutamente legittimo, in certi casi persino doveroso, e questo vale anche per le sentenze sulla strage di Bologna. Tuttavia, quello che sta avvenendo non ha molto a che vedere con il garantismo e l’esercizio del diritto di critica, quanto con un tentativo di revisionismo storico particolarmente straccione, dettato dall’opportunità della contingenza politica.
    I critici attuali delle sentenze sulla strage di Bologna non si limitano, come avveniva alcuni anni or sono, a rilevare quelle che per loro sono incongruenze degli investigatori e dei giudici, ma si spingono ad affermare che quelle incongruenze servirono – e servono tuttora – a coprire un’altra verità, sulla quale non si è voluto indagare. Questa “verità” consisterebbe nel coinvolgimento della resistenza palestinese, ed in particolare del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, nella strage, coinvolgimento che sarebbe stato tenuto nascosto in virtù dei patti intercorsi fra i governanti e i servizi segreti italiani di allora con i Palestinesi stessi. Il sostenitore più autorevole di questa tesi è l’ex Presidente Cossiga, cui si sono aggiunti i più alti esponenti della Destra ex fascista, fino all’attuale Presidente della Camera, Gianfranco Fini e, ancora più esplicitamente, l’attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sui cui trascorsi squadristi esiste una vasta letteratura.
    Nel ventottesimo anniversario della strage, è proprio Alemanno, intervistato da la Repubblica, il più esplicito nel sostenere che quella della colpevolezza dei suoi ex camerati sia una “verità comoda”, mentre “c'è un'altra pista, quella del vecchio terrorismo palestinese, che soltanto da poco si è cominciata a esplorare”, pista rispetto alla quale “ci sono una marea di riscontri”. Nell’intervista, poi, Alemanno ripropone un vecchio cavallo di battaglia dell’estrema destra, quello secondo cui “Nei '70 ci fu una guerra civile strisciante che peraltro cominciò dal maledetto slogan "Uccidere un fascista non è reato", urlato da vari gruppi dell'estrema sinistra che, falliti i loro obbiettivi rivoluzionari, decisero di convogliare tutta la loro energia nell'antifascismo militante. Suscitando ovviamente delle reazioni altrettanto dure da parte dell'estrema destra. E ciò fu un incubatore sia delle Br sia dei Nar”. E’ una vecchia tesi, cara agli squadristi fascisti e ai terroristi dei Nar; una smaccata bugia, ma qualcuno che Alemanno certamente conosce bene diceva: «Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità», specialmente se a ribadirla sono alte cariche istituzionali, come un ministro della propaganda ieri o un sindaco oggi.
    Dunque, la strage di Bologna non fu opera di terroristi neri, bensì di Palestinesi. A sostegno di questa ipotesi, sia Alemanno che altri (fra i quali anche Andrea Colombo, ex giornalista del Manifesto ed ora di Liberazione) invitano ad indagare a fondo sulle dichiarazioni del guerrigliero venezuelano conosciuto come “Carlos”, detenuto in Francia, e, più in dettaglio, sulla presenza a Bologna, il giorno della strage, di Thomas Kram, cittadino tedesco attualmente detenuto nel suo Paese con l’accusa di appartenenza alle Cellule Rivoluzionarie.
    Per quanto riguarda “Carlos”, l’intervista da lui rilasciata all’ANSA lo scorso 30 giugno, per il tramite del suo avvocato italiano, in realtà riguarda in massima parte il sequestro di Aldo Moro e quello che, a suo dire, fu un tentativo di mediazione dell’OLP, insieme ad una parte dei servizi segreti italiani, per ottenere la liberazione del presidente democristiano. Dopo aver fornito il suo punto di vista sulle contraddizioni esistenti fra diverse fazioni dei servizi italiani e su altre vicende di quegli anni, “Carlos” risponde alla domanda esplicita dell’intervistatore, Paolo Cucchiarelli, in merito alla strage di Bologna:

    Domanda: Una sola domanda sulla strage di Bologna visti i molti riferimenti fatti da lei nel tempo e che sembrano alludere ad una ipotesi da lei mai espressa ma che potrebbe essere alla base delle sue osservazioni. Cioè agenti occidentali che fanno saltare in aria - con un piccolo ordigno - un più rilevante carico di materiale esplodente trasportato da palestinesi o uomini legati all’Fplp e alla sua rete con l’intento di far ricadere su questa ben diversa realtà politica tutta la responsabilità della strage alla stazione.

    Risposta: L’attentato contro il popolo italiano alla stazione di Bologna “rossa”, costruita dal Duce, non ha potuto essere opera dei fascisti e ancora meno dei comunisti. Ciò è opera dei servizi yankee, dei sionisti e delle strutture della Gladio. Non abbiamo riscontrato nessun’altra spiegazione. Accusarono anche il Dottor Habbash, nostro caro Akim, che, contrariamente a molti, moriva senza tradire e rimanendo leale alla linea politica del FPLP per la liberazione della Palestina. Vi erano dei sospetti su Thomas C., nipote di un eroe della resistenza comunista in Germania dal febbraio 1933 fino al maggio 1945, per accusarmi di una qualsiasi implicazione riguardo ad un’aggressione così barbarica contro il popolo italiano: tutto ciò è una prova che il nemico imperialista e sionista e le sue “lunghe dita” in Italia sono disperati, e vogliono nascondere una verità che li accusa.

    Insomma, “Carlos” non solo smentisce la “pista palestinese”, ma accusa direttamente gli apparati occulti americani, israeliani ed italiani di aver ordito e realizzato la strage. Il fatto che escluda anche la responsabilità dei fascisti, con la bizzarra postilla della stazione “costruita dal Duce”, non significa altro che il rafforzamento della sua convinzione di una pista internazionale, ma nella direzione opposta a quella indicata da Cossiga, Fini e Alemanno, da una parte, e da Andrea Colombo dall’altra. Del resto, in tutta la storia dello stragismo e dell’eversione nera, l’intreccio fra il sottobosco neofascista e apparati interni ed internazionali, particolarmente statunitensi, è sempre emerso con grande puntualità. Non si capisce, quindi, come le parole del detenuto nel carcere di Poissy possano essere utilizzate per dimostrare il contrario di ciò che dicono… ma questo bisognerebbe chiederlo ad Alemanno ed a quelli come lui.
    Sempre alle stesse persone, e ad un gran numero di giornalisti, bisognerebbe chiedere anche perché continuino a presentare in termini tanto misteriosi la figura di Thomas Kram, quasi che di lui non si sappia nulla, se non che da qualche tempo si trova nelle carceri tedesche. Ebbene, già nel giugno dello scorso anno, Saverio Ferrari si è occupato della pista palestinese e di Kram, in un suo articolo su “Osservatorio Democratico sulle nuove destre” dedicato al libro scritto da Andrea Colombo sulla strage di Bologna, libro accusato – per inciso – di voler accreditare l’innocenza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini “omettendo deliberatamente le carte giudiziarie più scomode”.
    A proposito della “pista palestinese” Ferrari scrive: “Colpisce, infine, l’ultimo capitolo in cui, si rilancia la stessa fantomatica pista palestinese sulla quale da qualche anno alcuni deputati di Alleanza nazionale si affannano, millantando la presenza del terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos, o di suoi uomini, a Bologna, in veste di stragisti al servizio del Fronte popolare per la liberazione della Palestina di George Habbash. È più che noto, infatti, che già all’epoca, non solo recentemente, si appurò che il terrorista Thomas Kram, esperto in falsificazione di documenti e non in esplosivi, fosse presente a Bologna nella notte fra tra l’1 e il 2 agosto, alloggiando nella stanza 21 dell’albergo Centrale di via della Zecca. Presentò nell’occasione la sua patente di guida non contraffatta. Fu precedentemente fermato e identificato al valico di frontiera sulla base di un documento di identità valido a suo nome. Non era al momento inseguito da alcun mandato di cattura. La questura di Bologna segnalò i suoi movimenti all’Ucigos che già in quei giorni conosceva tutti i suoi spostamenti. Un terrorista stragista, dunque non in incognito, che viaggiava e pernottava in albergo con documenti a proprio nome(!). Una pista vecchia, già archiviata data la comprovata mancanza di legami tra Thomas Kram e la strage. Per altro Kram risultò non aver mai fatto parte dell’organizzazione di Carlos. (…)”.
    Ma c’è di più: il 2 agosto del 2007, proprio sul quotidiano in cui Andrea Colombo ha lavorato per anni, il Manifesto, il suo collega Guido Ambrosino pubblica un lungo articolo dal titolo “Bologna, l’ultimo depistaggio”, in cui il misteriosissimo Thomas Kram – a Berlino in libertà provvisoria, dopo essersi costituito nel dicembre 2006 - si lascia tranquillamente intervistare. Dall’intervista di Guido Ambrosino: “«Ho scoperto su internet che la bomba potrei averla messa io. Un'assurdità, sostenuta addirittura da una commissione d'inchiesta del parlamento italiano, o meglio, dalla sua maggioranza di centrodestra, nel dicembre 2004. Deputati di An, e altri critici delle sentenze che hanno condannato per quella strage i neofascisti Fioravanti e Mambro, rimproverano agli inquirenti di non aver indagato sulla mia presenza a Bologna». Per Kram è una polemica pretestuosa: «Non sono io il mistero da svelare. Non lo credono nemmeno i commissari di minoranza della Mitrokhin. Viaggiavo con documenti autentici. La polizia italiana mi controllava, sapeva in che albergo avevo dormito a Bologna, il giorno prima mi aveva fermato a Chiasso. Come corriere per una bomba non ero proprio adatto»”.
    L’articolo e l’intervista demoliscono l’impianto del libro di Colombo e, più in generale, la “pista palestinese”, anche con alcuni particolari che, se non si trattasse di fatti tanto drammatici, indurrebbero al sorriso. Secondo Ambrosino, il lavoro di Colombo “si riduce a un paio di forzature”, particolarmente per quanto riguarda la latitanza di Kram, che – secondo Colombo – sarebbe durata ben 27 anni, cioè dal 1979, quando lo stesso Kram è invece sempre stato reperibile almeno fino al 1987, quando contro di lui viene spiccato un mandato di cattura per appartenenza alle Cellule Rivoluzionarie. Nella pista palestinese sarebbe coinvolta anche un’altra militante dell’estrema sinistra tedesca, Christa Frolich, che – secondo la testimonianza di un cameriere di albergo – lavorava come ballerina nei pressi di Bologna e il primo agosto 1980 si sarebbe fatta portare una valigia alla stazione di Bologna, mentre il 2 agosto avrebbe telefonato (parlando italiano con accento tedesco) per accertarsi che i suoi figli non fossero stati coinvolti nell’esplosione. Scrive Ambrosino: “Christa Fröhlich ha ora 64 anni, insegna tedesco a Hannover. Confrontata con questa descrizione, non sa se ridere o piangere: «Non ero a Bologna. Non ho figli. Mai un ingaggio da ballerina. E nel 1980 non sapevo una parola di italiano»”.
    Se pensiamo che uno dei cardini principali della “pista palestinese”, è costituito dai lavori della “Commissione Mitrokhin”, anche noi non sappiamo se ridere o piangere. Addirittura nel dicembre 2005, sull’Espresso, l’operato di quella Commissione veniva già definito come “L'ennesimo polverone per far riaprire l'inchiesta sulla strage di Bologna, e riabilitare gli estremisti di destra Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati per l’attentato”. Dal medesimo articolo si apprende anche, peraltro, che le stesse risultanze della Commissione Mitrokhin escludevano ogni coinvolgimento di Thomas Kram nella strage di Bologna.
    La domanda, a questo punto, è: perché, contro ogni evidenza ed ogni riscontro, in questo agosto 2008 c’è chi tenta di riciclare vecchie bufale, magari contando sui riflessi appannati di un’opinione pubblica martellata da campagne sulla “sicurezza” minacciata da zingari ed immigrati, tanto da richiedere paracadutisti, alpini e bersaglieri per le strade delle nostre città? Probabilmente la risposta è nella premessa: per mettere mano alla Costituzione, la Destra ha bisogno di svecchiare i propri armadi, facendone opportunamente sparire gli scheletri di troppo. Lo scheletro più ingombrante è senza dubbio quello datato 2 agosto 1980, rimosso il quale sarà assai più semplice rimuovere tutti gli altri… si, perché,se si riesce a convincere, contro ogni evidenza storica e giudiziaria, che la strage di Bologna è stata opera dei Palestinesi, domani si potrà legittimamente sostenere che quella di Piazza Fontana fu veramente opera degli anarchici e così via.
    Senza dimenticare che accollare proprio ai Palestinesi la più orrenda delle stragi consente alla fava revisionista di cogliere un secondo piccione: oltre alla definitiva legittimazione interna, la nuova Destra di governo rimedierebbe anche l’imperitura gratitudine di Israele e delle sue lobby, mentre a protestare per l’ennesima infamia commessa ai danni di un popolo sempre più martoriato rimarrebbero in pochi, come – effettivamente – sono in pochi, almeno ai livelli che contano, quelli che continuano a sostenere le ragioni e il diritto all’esistenza del popolo palestinese. Eppure, a dubitare della riuscita di un’operazione così spregiudicata ci aiuta la frase di un uomo importante, uno di quelli che, piaccia o no, la storia l’hanno fatta, non hanno solo cercato di riscriverla a proprio piacimento. Quell’uomo, che di nome faceva Abramo Lincoln e di mestiere il Presidente degli Stati Uniti, amava ripetere: “Si può ingannare tutti a volte, qualcuno sempre, ma non è possibile ingannare tutti tutte le volte”. Sarà bene che Alemanno e quelli come lui lo tengano presente.

    *Forum Palestina

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  4. Certo, usare gli articoli di altri quando non si hanno idee proprie è esercizio molto facile e fruttuoso. Ma non attacca, caro trotzkij.
    Tu sfrutti abilmente le parole di un giornalista per tentare di demolire una pista alternativa, sulla quale sta indagando la magistratura, quella che vi fa comodo quando indaga contro i vostri avversari politici, ma ti tiri fuori dal documentarti sulle stranezze del processo ai 3 NAR.
    Se esiste o meno una pista alternativa non sta nè a noi, nè ai giornalisti nè ai politici dirlo ma alla magistratura. Ma se esistono delle stranezze in un processo la cui sentenza è passata in giudicato ogni cittadino di buon cuore è in grado e in dovere di dirlo!
    Ma ovviamente preferite la guerra all'avversario...

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